Cina domina il mercato del mining di Bitcoin

Cina domina il mercato del mining di Bitcoin

By Benson Toti - min. di lettura
Aggiornato 16 March 2023

Un nuovo report mostra che la Cina controlla il 65% circa dell’attività di mining del Bitcoin a livello globale. Questo ci introduce nel dibattito circa il fatto che un livello così alto di dominanza potrebbe non essere positivo. Ci sono anche dubbi sul fatto che in futuro le leggi cinesi potrebbero ridurre le capacità di mining installate.

Intel Patents Bitcoin Mining Chip Accele” (CC BY 2.0) by wuestenigel

Tutti i dettagli

I dati forniti giungono dal documento realizzato da CoinShares e riguardano la bitcoin network. I dettagli mostrano che la regione più importante è il Sichuan, dove è collocato il 54% dell’hashrate globale.

Il restante 35% del mining è suddiviso tra alcune nazioni, tra cui la Russia, gli Usa e il Kazakhstan. Il 65% collocato in Cina è per il paese asiatico il record assoluto, basti pensare che lo scorso giugno la dominanza era del 60% dell’hashpower globale. Nel 2019, in totale, i miner hanno prodotto ricavi per 5,4 miliardi di dollari.

Perché la Cina domina il mining?

La Cina è tradizionalmente il grande player sulla scena del mining di bitcoin. Ciò è dovuto al fatto che il costo dell’elettricità è basso e l’accesso alla tecnologia di mining è relativamente facile.

Alcune delle maggiori compagnie, inoltre, sono cinesi, tra cui Bitmain, Canaan e F2Pool. Per quanto riguarda l’hardware, Bitmain e i suoi dispositivi gestiscono il 66% del mercato, diminuito dal 70% precedente.

Tuttavia, il report suggerisce che la dominance della Cina potrebbe ridursi data la ritrovata facilità di accesso ai dispositivi hardware, anche in altri Paesi.

Cosa riserva il futuro del mining di bitcoin?

Il futuro del mining di bitcoin in Cina, è uno degli argomenti di maggiore interesse nell’ambito delle criptovalute. Inizialmente il National Development and Reform Commission della Cina, aveva collocato il mining tra le attività da eliminare dal paese. Successivamente, però, tale eventualità è stata scongiurata. Il presidente Xi Jinping ha parlato positivamente dello sviluppo della blockchain non molto tempo fa.

L’attività di mining aumenterà in altre nazioni se dovesse essere ridimensionata in Cina dalle leggi. La crescita dell’hashrate installato è segnalata in Norvegia, Georgia, Islanda e Canada. In molti casi la profittabilità dipende dalle politiche dei governi, poiché essa è soggetta al costo dell’elettricità e alle tasse imposte.

Una delle speranze per il futuro è che il mining si sposti in quelle regioni geografiche dove per generare l’elettricità si usano le fonti rinnovabili. Al momento i maggiori centri di mining che offrono corrente elettrica a buon mercato non usano elettricità da fonti rinnovabili.

Nel 2018 le energie rinnovabili usate per il mining hanno portato alla ribalta la Norvegia e l’Islanda, tanto che l’Islanda in particolare è diventato il primo paese a usare più energia nelle attività di mining che per alimentare le famiglie.

Per gli investitori non importa dove viene fatto il mining, importa che resti redditizia l’attività di estrazione. Fino a quando sarà così, da qualche parte nel mondo ci sarà chi svolgerà questa attività.