L’IRS ha pubblicato la sua prima guida alla tassazione delle criptovalute degli ultimi 5 anni, e sono già tante le incongruenze trovate nel testo. Charles Rettig, Commissario dell’IRS, lo aveva annunciato a maggio di quest’anno, ma solo il 9 ottobre sono stati pubblicati i dettagli. Tre delle principali tematiche trattate nelle linee di orientamento riguardano: gli obblighi fiscali derivanti dalle criptovalute che hanno subito un fork valutario; i metodi di valutazione delle criptovalute come reddito; come fare il calcolo degli utili imponibili derivanti dalla vendita di criptovalute.
Hard fork e Airdrop
Per i possessori di criptovalute, la più controversa tra queste regole riguarda la scelta di considerare soggetto a tassazione il valore derivato da un hard fork. Se c’è una nuova criptovaluta registrata sulla blockchain di una criptomoneta già posseduta dall’investitore, quella nuova criptovaluta deve essere trattata come reddito al valore di mercato di quando quella criptovaluta è stata ricevuta (in questo caso generata dal fork).
La formula recita così:
“Se la tua criptovaluta è oggetto di un hard fork, ma non ricevi alcuna nuova criptomoneta, sia attraverso un airdrop (una distribuzione di criptovaluta agli indirizzi di più contribuenti) o altro tipo di trasferimento, non hai alcun reddito imponibile”.
Questa interpretazione crea diversi problemi nella comunità delle criptovalute, dal momento che gli hard fork e le airdrop avvengono senza il consenso da parte del possessore. L’idea che un soggetto terzo possa far scattare un obbligo fiscale sembra molto illogica. Tuttavia, questo timore potrebbe essere un po’ esagerato, poiché la maggior parte degli hard fork non hanno mai un valore economico elevato e spesso ci vuole tempo per trovare un prezzo stabile sul mercato.
Una diversa prospettiva ci mostra come gli utenti potrebbero ricevere l’airdrop di un token quando il suo prezzo è alto per poi crollare a 0. Ciò potrebbe essere un rischio per chi possiede i wallet abilitati per i token ERC-20, essi potrebbero anche non essere consapevoli di avere certe criptovalute conservate.
Il cruccio maggiore a cui i contribuenti statunitensi stanno pensando è come questa normativa influirà sulla tassazione di Ethereum classic e di Bitcoin cash, entrambi generati da un hard fork dalle principali blockchain di Ethereum e Bitcoin. Ora questi contribuenti dovranno calcolare quanto devono pagare per il fatto di aver ricevuto le criptovalute in dono.
Una normativa che mostra incompetenza
Ci sono dei passaggi della normativa che sono utili, come il metodo first-in, first-out per la contabilizzazione di operazioni multiple, ma la guida ha molta strada da fare prima di potersi considerare ben scritta.
Il primo problema è che il mercato delle criptovalute sta diventando sempre più complesso da gestire. Sono ora disponibili i future, ci sono numerosi fork, e ci sono opportunità alternative per le aziende di finanziare le loro operazioni. Le autorità di regolamentazione non hanno tenuto il passo e ora la guida tributaria sembra voler riempire un vuoto.
Il fatto che dal 2014 non siano più stati forniti chiarimenti, fa infuriare quanti fanno parte di questo mercato. Altro punto inconcepibile riguarda l’assenza di una soglia sulle operazioni imponibili. Così agendo, ogni acquisto anche minimo di criptovaluta diventa un’operazione oggetto di tassazione. Ciò invalida quasi completamente l’uso di bitcoin come mezzo di pagamento negli Stati Uniti e prova che gli USA non sono un paese amico delle criptovalute.