Il Ripple, che per giunta è coinvolta in dispute tra fondatori, ha fatto molto parlare di sé ed è tra le dimostrazioni di quanto la blockchain sia oramai utilizzabile in contesti reali. Infondo tra le sue partnership troviamo 61 banche giapponesi, la Santander, la American Express, Moneygram e molte altre. Questo potrebbe far apparire che l’XRP, il token nativo di Ripple, sia un ottimo investimento. Nonostante questo, però, come andremo a vedere, la questione non è tanto semplice.
I dettagli
Un tweet di Laura Shin, una giornalista del settore, riassume la posizione di molti per quanto riguarda il token XRP e Ripple in generale:
“Ripple is highly centralized & XRP is more akin to a PayPal account than a trustless system like bitcoin…. It's hard to come up w any rational reason why XRP exists in the Ripple protocol, other than as a means for Ripple to make money. Lots of money.“ https://t.co/c52yl5joiG
— Laura Shin (@laurashin) January 4, 2018
Segue il Tweet tradotto:
“Ripple è altamente centralizzato e XRP è più simile a un account PayPal che un sistema “trustless” come il Bitcoin… È difficile trovare alcuna ragione razionale per l’esistenza del XRP nel protocollo del Ripple se non come modo per guadagnare soldi. Molti soldi.”
L’ex CEO di Ripple, Chris Larsen, ora più ricco di Mark Zuckerberg a causa dell’apprezzamento di XRP. Ripple è la criptovaluta che si adatta profondamente al settore finanziario stabilito. Di conseguenza, nel corso degli anni l’impresa si è riorientata innumerevoli volte per soddisfare le necessità/richieste della comunità bancaria. Questa sistemazione continua ha fatto sì che il progetto si sia sempre stato a disagio nella comunità. È al contempo figlia del fenomeno delle criptovalute e di una enorme svendita rispetto ai principi dominanti del movimento. Questa contraddizione è particolarmente apparente per quanto riguarda la decentralizzazione.
L’utilità del token nativo di Ripple
XRP è diverso dalla maggior parte dei token presenti sul mercato. È interamente controllato a livello centrale e opera come un ETF. Questo poiché l’emittente è in grado di rilasciare o assimilare token in base al suo programma di valutazione. Molto importante è però capire che il token gioca un ruolo poco importante nel business case centrale di Ripple. Perlopiù si tratta solo di un componente aggiuntivo. L’XRP è una sorta di accessorio che per una qualche ragione sconosciuta è diventato recentemente la proposta di valore centrale del progetto. Una cosa alquanto strana.
Questo non vuol dire che Ripple non voleva che il token svolgesse un ruolo centrale nella sua attività. È solo che la loro visione di rendere l’XRP una valuta di passaggio attraverso la quale i fornitori di liquidità avrebbero di fatto offerto servizi di transazioni FX senza soluzione di continuità ed economici al mondo non ha mai avuto successo. Sì, tecnicamente il potenziale è ancora presente. Ma non è questo l’obiettivo delle partnership bancarie di Ripple. Sono invece focalizzati sui protocolli di messaggistica (che registrano i pagamenti su un libro mastro condiviso) che competono direttamente con Swift e per i quali non servono token.
Una critica all’uso inteso dell’XRP
La proposta come valuta di passaggio è incentrata sull’idea di esternalizzare il regolamento in valuta a market-maker/fornitori di liquidità terzi. Questi sarebbero incentivati ad entrare nel mercato ogni qualvolta le valutazioni relative in valuta estera siano superflue rispetto al XRP, riducendo così i costi di transazione. Ripple è quindi una tecnologia di arbitraggio, fortemente dipendente dalla sua comunità di fornitori di liquidità. Questo significa che è soggetto agli stessi esatti problemi che affliggono gli HFT: l’assenza di garanzie della presenza di liquidità quando se ne necessita. Inquesta industria questo tipo di soluzione non è particolarmente pratica. La gente vuole un servizio affidabile, non uno che è soggetto ai capricci di sconosciuti partecipanti di terze parti.
Un esempio del passato
Un ruolo simile a quello che tenta di assumere Ripple lo svolgevano le passività denominate in dollari delle banche non a partire dagli anni ’60 e ’70. Questi fondi spesso chiamati eurodolalri si sono guadagnati un nome proprio perché potevano eludere le normative statunitensi in materia di capitale, riserve e liquidità. Ciò ha conferito agli organismi che offrono tali depositi un immenso vantaggio competitivo rispetto alle banche statunitensi, trasformando involontariamente gli eurodollari nella valuta di finanziamento preferita per il commercio mondiale.
Come ha già sostenuto in modo convincente Patrick McGuire della BRI, il vantaggio competitivo si è tradotto in ingenti somme di depositi alle banche europee e in particolare al centro finanziario di Londra. L’eccesso di dollari assicurava la disponibilità di massa di una valuta neutrale e orientata al mercato dei capitali contro la quale tutte le altre valute potevano essere valutate e scambiate in modo chiaro e comprensibile. Questo a sua volta aumentava la liquidità e riduceva i costi.
Di conseguenza, invece di scambiare direttamente i marchi tedeschi in sterline o franchi, i commercianti di valuta avrebbero scambiato con l’eurodollaro. Questo rappresentava uno standard di liquidità comune a tutte le coppie. In questo modo l’eurodollaro è diventato la valuta ponte per la maggior parte delle attività in valuta. Questo nel tempo ha generato una domanda ancora maggiore di eurodollaro. Risvolto per niente strano considerando che questo ora sia necessario al mercato interbancario per i suoi servizi di regolamento in valuta. Tuttavia, questa dipendenza dall’eurodollaro ha infastidito l’europa che non apprezzava la mancanza di controllo. Presto la visione di una moneta comune che potesse sia eliminare gli attriti tra gli stati membri sia essere controllata ed emessa da entità europee è venuta a dominare. L’euro ha sostituito le valute locali, tra le quali la lira.
L’XRP è simile all’Euro nella funzione?
Come osserva McGuire, negli anni ’90 l’ascesa della moneta unica ha effettivamente iniziato ad avere un impatto sulla domanda interbancaria di eurodollaro e quindi anche sul riciclaggio di eurodollaro attraverso il sistema:
“Il calo del tasso di riciclaggio interbancario coincide approssimativamente con l’introduzione dell’euro. Ciò avrebbe probabilmente contribuito a ridurre il volume delle operazioni in valuta estera sul mercato interbancario e, di conseguenza, il tasso di riciclaggio dei depositi in dollari. Questa relazione rifletteva il fatto che, nel corso degli anni ’70 e ’80, quasi tutte le negoziazioni di valute convertibili utilizzavano il dollaro statunitense come valuta di passaggio. Inoltre, le banche con sede a Londra sono state in genere gli operatori dominanti sul mercato dei cambi.”
Quindi, la funzione dell’Euro pare simile a quella che dovrebbe avere l’XRP. La differenza è che l’euro ha impiegato decenni per svilupparsi, è stato sostenuto dai governi sovrani (compresi i loro bilanci) ed è stato oggetto di un mandato legale. Anche con tale sostegno non è stato invulnerabile al mutare delle condizioni e dei sentimenti del mercato. Eppure, per riuscire nel suo obiettivo di colmare il divario valutario, XRP dovrebbe fare per l’FX globale ciò che l’euro ha fatto per l’FX europeo. Con la differenza che dovrebbe farlo senza il sostegno giuridico o la volontà politica che hanno guidato il progetto dell’euro. L’adozione di XRP, invece, dovrebbe essere interamente guidata dal mercato.
Conclusione
Dato che il mercato ha una pletora di potenziali valute di passaggio neutrali tra cui scegliere non si tratta di un’impresa da poco. Una valuta di passaggio che ha l’effetto collaterale incidentale di trasformare i fondatori nelle persone più potenti del mondo è probabilmente sbagliato di per sé. Nonostante questo Ripple è la terza criptovaluta in ordine di capitale di mercato totale secondo Coinmarketcap. Il valore totale dei token XRP ammonta a 34.015.193.080 dollari di quasi esclusiva (se non esclusiva) speculazione. Mentre è vedo che le criptovalute sono tutte (o quasi), alcune più altre meno, una bolla speculativa Ripple ne è una particolarmente degna di nota.
Lo è sia per via delle sue enormi dimensioni sia per quanto meno sia la quantità di reale utilizzo di questo token rispetto a quello di criptovalute di simili dimensioni. Questo è confermato dai suoi volumi i quali ammontano a 818 mila dollari nelle ultime 24 ore. Questo diventa palese se consideriamo il volume del BTC e ETH che sono rispettivamente 7.926.190.000 dollari e 2.633.250.000 dollari. Il Ripple ha solo una frazione del volume di queste criptovalute e si lascia superare (seppur di poco) perfino da Bitcoin Cash sotto questo aspetto. Cosa ulteriormente degna di nota visto che questo ha decisamente meno del suo capitale di mercato totale.
Il Bitcoin o l’Ethereum, ad esempio, hanno senza dubbi un prezzo inflazionato grazie alla speculazione ma godono anche di utilizzo reale. Il Bitcoin è la valuta più accettata dai servizi commerciali, principalmente in quanto la prima, ed è ancora molto utilizzata sul mercato nero. L’Ethereum resta la piattaforma primaria per le ICO e le DAPP, seppur la situazione potrebbe cambiare.
Un avviso a chi possiede Ripple
Questi punti dovrebbero chiarire che il token principale del Ripple risulta particolarmente instabile. Certo, le criptovalute in genere sono soggette a volatilità impensabili nei mercati tradizionali ma la mancanza di un volume di reale utilizzo per quanto riguarda l’XRP lo rende particolarmente insidioso.